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La pedagogia considera ormai da molti anni il gioco come un'attività di primaria importanza nello sviluppo della persona.
Oggi sappiamo che il gioco è imprescindibile per lo sviluppo motorio e linguistico e per l'apprendimento delle abilità sociali. Affina le capacità logiche e di problem solving. Permette di acquisire regole e limiti, ma anche di sperimentare empatia e tolleranza. Ricerche più recenti suggeriscono che incide persino sui risultati accademici (secondo uno studio della psicologa René Proyer dell’Università di Zurigo, chi ha dedicato più tempo al gioco nell'infanzia prende voti migliori all’università).
Ma gli effetti più importanti riguardano il benessere emotivo della persona. Lo psicologo americano Peter Grey, che ha molto studiato la funzione del gioco nella salute dei bambini e delle bambine, nel 2015 ha pubblicato i risultati di una ricerca trentennale da cui emerge una relazione significativa tra la povertà di esperienze ludiche nell'infanzia e quelle che oggi si considerano le patologie del secolo: ansia, depressione, dipendenza emotiva, narcisismo.
Secondo gli esperti, rispetto a pochi decenni fa le bambine e i bambini italiani mostrano un'arretratezza nelle abilità sociali e, dato ancora più allarmante, un evidente regresso motorio. La resistenza fisica delle giovani e dei giovani sta calando ogni anno dell’1%: in prima media 2 su 3 non sanno fare una capriola, perché non ci hanno mai provato.
Per l’OMS le bambine e i bambini italiani sono “i più pigri e obesi d’Europa”. Per l'Unicef, sono anche tra i più infelici: siamo ventiduesimi nella classifica sul benessere infantile nei paesi industrializzati, con gli olandesi al primo posto. Il gioco e il movimento c'entrano, e molto.
Ritengo che Giornalismo, Politica, Istituzioni, dovrebbero avere ben a mente queste parole, soprattutto in questo momento storico.
Perché sostenere quotidianamente che “la scuola è la priorità” è corretto, giusto e legittimo, ma è quello che troppo spesso viene dopo questa prima affermazione che, oltre ad essere sbagliato, è disonesto intellettualmente e ne sminuisce addirittura il senso. Ovvero, contrapporre la scuola allo sport , trasmettendo il pensiero che di sport ci si occupi solo se rimane “tempo” e se rimane “spazio”. Questo non è degno di un Paese civile. La Politica ormai è sempre più costellata di priorità, il che va bene quando si tratta di agire a breve termine, ma se vogliamo davvero parlare di “ripartenza” non possiamo pensare che ci si debba occupare delle priorità slegate da tutto il resto. Non si interviene a compartimenti stagni nella vita delle persone. Perché, così facendo, non solo si rischia una pericolosa miopia sul presente e sul futuro (il passato ormai, ahimè, è andato e ce lo dicono i dati di cui sopra), ma soprattutto non si fa il bene delle giovani e dei giovani. Si parla in tante occasioni di città a misura di bambine e bambini, salvo poi dimenticarsi di loro quando si deve agire politicamente a medio e lungo termine.
Nelle premesse di questo mio intervento, che si basano su ricerche scientifiche (ne esistono moltissime), ci sono le fondamenta per capire come sia proprio concettualmente sbagliato contrapporre scuola e istruzione a sport e movimento. Perché solo una crescita psico-fisica equilibrata permette a bambine e bambini di diventare adulti in salute.
Il movimento è fondamentale in tutte le fasce di età, nonché per i soggetti in condizioni di disabilità, adattato ovviamente alle specifiche esigenze.
Non possiamo riempirci la bocca di tutti i valori che veicola lo sport, dell’importanza per la prevenzione e la salute, della componente sociale e inclusiva, per poi non tenerne conto quando si tratta di mettere in atto concretamente la possibilità di praticarlo a tutti i livelli. Non possiamo più permettercelo. Lo dobbiamo alle migliaia di persone che ogni giorno si fanno in quattro per portare avanti società e associazioni sportive, enti di promozione, federazioni, ma soprattutto lo dobbiamo alle nostre giovani e ai nostri giovani e alle loro famiglie. Se non vogliamo che ricadano su di loro le conseguenze psicologiche e fisiche che si porta dietro un lockdown durato mesi.
È compito della Politica e delle Istituzioni dare risposte e creare le condizioni affinché si possa praticare sport in sicurezza, e per farlo non si può prescindere da un virtuoso rapporto tra Scuola e Sport, due mondi che non possono non viaggiare insieme. Cominciando con il riconoscerci reciprocamente pari dignità. Un cambio di passo culturale, che possiamo e dobbiamo compiere partendo dalla nostra città.
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