Guarda il video e leggi il testo
Il 10 giugno, pochi giorni fa, è stata una notte magica per il basket femminile di Bologna: il Progresso Matteiplast ha conquistato per la prima volta la Serie A. Una partita dominata dall'inizio alla fine in un PalaCarisbo pieno e con la tennista Sara Errani in tribuna, ribaltando l’esito della gara d’andata con il Geas Sesto San Giovanni, uno dei club storici della pallacanestro donne.
Ai Campionati Italiani Assoluti di Nuoto specialità Fondo, andati in scena in questi giorni sul lago di Bracciano, nella 25 chilometri femminile la nostra concittadina Martina Grimaldi (Circolo Nuoto UISP di Bologna), già bronzo olimpico di Londra 2012 e oro nella 25 km agli Europei di Hoorn del 2016, ha vinto l'oro chiudendo con il titolo italiano nella massima distanza del fondo, che vale l'accesso ai Mondiali di luglio a Budapest. Questi sono solo gli ultimi successi delle sportive bolognesi.
Vere e proprie campionesse, a tutti gli effetti. Quindi anche professioniste, giusto? No, perché il professionismo per le donne in Italia non esiste. La battaglia per l’eguaglianza tra i sessi nel nostro paese ha almeno tre secoli di storia: nel 1874 le donne sono state finalmente ammesse alla istruzione universitaria, nel 1919 hanno potuto esercitare tutte le professioni e ricoprire impieghi pubblici; nel 1946 hanno votato per la prima volta; nel 1963 sono state ammesse nella magistratura. Nel 2017 le donne sono ancora escluse dal professionismo sportivo. La fotografia che immortala il paradosso forse meglio di qualsiasi altra è quella datata 12 settembre 2015. A conclusione della finale degli US Open, Flavia Pennetta e Roberta Vinci si abbracciano e il mondo del tennis applaude la bravura delle due atlete italiane, ma forse non sa di inchinarsi al cospetto di due dilettanti.Proprio così, perché nemmeno loro sono professioniste, come mai lo sono state Josefa Idem, Valentina Vezzali, Federica Pellegrini e tutte le altre in tutti gli sport.
Attualmente in Parlamento sono depositate alcune proposte di legge sia alla Camera che al Senato, tese a modificare la Legge n. 91 del 1981 per la parità di genere nel professionismo sportivo. L’obiettivo è quello di estendere anche alle atlete i diritti e le tutele dei colleghi uomini e quindi la previdenza sociale, l’assistenza sanitaria, il trattamento pensionistico e anche la maternità. In un momento importante per lo sport nella nostra città e nella nostra regione (ricordo che stiamo facendo un percorso di presentazione del Piano Strategico per lo sport bolognese in tutti i quartieri e che è appena stata approvata la Nuova Legge Regionale sullo sport), credo sia arrivato il momento anche per il Consiglio Comunale di far sentire la nostra voce.
Già nel 2015, su iniziativa della Consigliera Marzia Benassi, quest'aula ha approvato un Ordine del Giorno per aderire alla Carta europea dei diritti delle donne nello sport, promuovendo le buone pratiche per favorire l'equa partecipazione di donne e uomini. Nella stessa direzione, presenterò a breve un Ordine del Giorno ordinario, affinché ancora una volta Bologna possa dare una spinta all'approvazione di un testo di legge di portata nazionale, volto a garantire diritti a chi non ne ha.
©2024 Roberta Li Calzi | Development by We Berry