C’è anche un po’ di Bologna nella vittoria di questi Europei

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  • Roberta Li Calzi

C’è anche un po’ di Bologna nella vittoria di questi Europei

Ieri sera la Nazionale italiana ci ha regalato una grande gioia!

E non occorre essere tifose e tifosi di calcio per godersela, come non occorre essere tifosi di tennis per riconoscere la grandezza di Matteo Berrettini, che è entrato nella storia ancor prima di giocarla, la finale di Wimbledon.

Perché il bello dello sport è che tante volte riesce a unire anche ciò che le polemiche quotidiane provano a tenere lontano.

È la vittoria che mancava a una generazione di calciatori, quelli in campo e quelli in panchina, racchiusa nell’abbraccio tra Mancini e Vialli, in lacrime a fine partita.

Non è forse una squadra così forte quella che ha conquistato il secondo campionato europeo della nostra storia, molto diversa dalla Nazionale che vinse nel 1968. Ma è senza dubbio un grandissimo gruppo, valore aggiunto e spesso determinante in competizioni come questa.

La vittoria del ‘68 vedeva un’Italia uscita dalla povertà, alla vigilia di una stagione inquieta e violenta. La vittoria di oggi arriva in un Paese reduce da una pandemia, dalla quale non siamo ancora pienamente usciti. L’auspicio è che questa Coppa non rimanga un felice ricordo in un momento buio, ma diventi simbolo di rinascita.

“Grande riconoscenza a Roberto Mancini e ai nostri giocatori. Hanno ben rappresentato l’Italia e hanno reso onore allo sport”: queste le parole con cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commentato la vittoria, dopo la sua esultanza così composta eppure così autentica, entrata in tutte le nostre case attraverso la tv.

Per le strade è una notte di pazza felicità: tricolori, clacson, maglie azzurre, fuochi d’artificio. Un’euforia collettiva liberatoria, la voglia di stare insieme. Ci voleva, dopo un periodo durissimo. Mattarella ha saputo tenere unito il Paese. E adesso la Nazionale ci ha regalato “notti magiche”.

Nell’alzare quella Coppa, c’è anche un po’ di rivincita nei confronti di coloro che hanno fischiato l’inno di Mameli, hanno ululato per quasi tutta la partita quando eravamo in possesso palla (cioè molto spesso), si sono tolti la medaglia dal collo appena ricevuta, hanno deciso che l’Europa non fosse più casa loro.

Perché se abbiamo criticato, giustamente, i giocatori italiani che non si sono inginocchiati contro il razzismo, perdendo sicuramente un’occasione, ieri in uno stadio gremito di tifo inglese, non possiamo non riconoscere che a uscire vincitori anche di fair-play siano stati gli azzurri, in campo e sugli spalti. Tenendo alta la bandiera dei valori europei condivisi.

E non possiamo dimenticare che in questa splendida vittoria ci sia anche un po’ di Bologna.

C’è il mister Roberto Mancini, nato calcisticamente in rossoblu, dove è arrivato nel 1977, poco più che un bambino. Nel 1981, a 16 anni, è già in prima squadra e, grazie all’allenatore Tarcisio Burgnich, gioca 30 partite su 30 in campionato e realizza 9 reti in quella stagione, miglior marcatore della squadra. Tratto distintivo in carriera il suo magico colpo di tacco, con cui ci ha deliziato anche dalla panchina in questo Europeo.

In città lo raccontano “come uno di noi, perché quando è a Bologna trova davvero il modo di rilassarsi e divertirsi”. E allora lo aspettiamo qui per festeggiare!

E poi c’è Katia Serra, che è prima di tutto una cara amica, la prima donna nella storia a commentare una finale azzurra. Nata ad Anzola dell’Emilia, ha scelto da molto tempo Bologna per vivere, dopo aver girato l’Italia come giocatrice di serie A e Nazionale.

E allora questa vittoria si porta via in un lampo anche le tante critiche che le sono state mosse da quando la Rai, con coraggio, l’ha scelta come commentatrice tecnica, a causa dell’indisponibilità causa Covid del commentatore designato. Critiche che a volte sono state nel merito, è vero, ma altre sono state sicuramente più accese, sfociando anche in offese, perché ancora è difficile accettare che il commento tecnico di uno sport maschile sia affidato a una donna, preparata e competente.

E non è un caso che Katia arrivi da Bologna, città che tanto ha fatto sul tema della parità, in tutti i contesti.

Così come non è un caso che questa Nazionale abbia vinto: una squadra che ha saputo soffrire, reagire, giocare un buon calcio, adattarsi alla partita, emozionarsi ed emozionare.

E così ancora una volta scopriamo che lo sport esalta il sentimento nazionale, come se fosse diventato l’unica espressione umana capace di generare e legittimare democraticamente lo spirito patriottico. Allo sport riesce ciò che alle altre forme organizzate del nostro vivere sociale non riesce più da molto tempo.

Piaccia o no, il calcio è lo sport più amato e seguito in questo Paese e in molte parti del mondo.

E allora godiamocela insieme questa bella vittoria, per una volta senza polemiche, senza eccessi, ma con la consapevolezza che non ci sia nulla di cui vergognarsi nell’essere felici o nel versare una lacrima dopo un goal o dopo una super parata che ci ha regalato l’Europeo dopo 53 anni.

Citando la grandissima Raffaella Carrà:

Cuore

Batticuore

Mi è sembrato di sentire un rumore

Rumore

Il rumore della felicità, che ieri si è colorata di azzurro!


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